M5S: Riportare la pace in Europa
Giovedì 9 maggio il Movimento 5 Stelle ha presentato sul suo sito ufficiale il programma elettorale per le elezioni europee dell’8 e 9 giugno, frutto di un «lavoro partecipato» che ha coinvolto vari organismi del partito.
Il testo si intitola “L’Italia che conta”, è lungo 102 pagine è stato votato dagli iscritti al movimento il 14 maggio.
Il primo capitolo è intitolato “Riportare la pace in Europa” e, tra le altre cose, chiede la creazione di una «conferenza di pace per fermare la guerra in Ucraina» e difende il riconoscimento da parte dell’Unione europea dello Stato della Palestina.
Gli altri capitoli sono dedicati a vari temi, tra cui la riforma dei trattati europei, l’immigrazione, l’intelligenza artificiale, l’energia, il clima e la mobilità sostenibile.
Qui puoi leggere il testo del programma elettorale per le elezioni europee del Movimento 5 Stelle
Il primo capitolo è intitolato “Riportare la pace in Europa” e, tra le altre cose, chiede la creazione di una «conferenza di pace per fermare la guerra in Ucraina» e difende il riconoscimento da parte dell’Unione europea dello Stato della Palestina.
Gli altri capitoli sono dedicati a vari temi, tra cui la riforma dei trattati europei, l’immigrazione, l’intelligenza artificiale, l’energia, il clima e la mobilità sostenibile.
Qui puoi leggere il testo del programma elettorale per le elezioni europee del Movimento 5 Stelle
Per al circoscrizione per il Sud si può votare Maura Sarno, che ci può rappresentare in Europa.
RIPORTARE LA
PACE IN EUROPA
La politica estera dell’Unione europea deve focalizzarsi sul rispetto dei diritti umani, dello stato
di diritto, delle libertà individuali, della democrazia e dello sviluppo sostenibile nel mondo.
Questi obiettivi si devono raggiungere non attraverso l’uso della forza e dell’intimidazione ma
attraverso la diplomazia e la moral suasion.
La pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale devono
quindi essere la bussola dell’azione europea in particolare nei teatri di guerra in Ucraina, in
Medio Oriente, tra Armenia e Azerbaijan e in Yemen, per citare i casi più urgenti.
La difesa comune europea deve essere uno strumento di peacekeeping al servizio delle
Nazioni Unite: un Commissario alla difesa non significa un Commissario alla guerra.
È necessaria una razionalizzazione della spesa militare tramite i tagli agli sprechi e i risparmi
derivanti dall’economia di scala.
È importante colmare il gap tecnologico dell’industria
europea, in particolare sul tema dell’intelligenza artificiale. La collaborazione e l’adesione alla
Nato, mai messa in discussione, va sviluppata in chiave puramente difensiva. Non è con la
guerra che si ottiene la pace, come sancisce la nostra Costituzione nel suo articolo 11.
9
1.1
UNA CONFERENZA DI PACE PER FERMARE LA GUERRA IN
UCRAINA
La guerra in Ucraina va avanti da oltre due anni. Fin da subito abbiamo condannato
l’invasione di Putin.
Al popolo ucraino va tutto il nostro supporto, ma adesso diciamo basta
all’invio di nuove armi e perseguiamo in tutti i modi la pace.
L’Unione europea deve tornare
protagonista nello scenario internazionale promuovendo incisive azioni diplomatiche volte
all’immediato cessate il fuoco e all’avvio di negoziati per il raggiungimento di una soluzione
politica, giusta, equilibrata, duratura, adoperandosi da subito per una Conferenza di pace
da tenersi sotto l’egida delle Nazioni Unite. All’Europa serve un Commissario per la pace.
DUE STATI E DUE POPOLI IN MEDIO ORIENTE
La pace è l’unica opzione possibile in Medio Oriente.
Condanniamo gli attacchi e le violenze
perpetrate da Hamas il 7 ottobre e tutte le forme di terrorismo.
Chiediamo l’immediato
rilascio di tutti gli ostaggi israeliani.
La risposta dell’esercito israeliano a Gaza non ha
risparmiato civili, donne e bambini.
In questo modo non arriveremo mai a una pace duratura
e a una civile convivenza: bisogna in ogni modo perseguire il “cessate il fuoco” immediato.
Israele deve rispettare le risoluzioni dell’ONU che invitano i coloni a lasciare i territori
occupati.
L’occupazione della Palestina è illegale e impedisce qualsiasi opzione di pace.
Per questa ragione l’Unione europea deve combatterla mettendo anche in discussione
l’accordo di associazione UE-Israele siglato nel 1995. Deve iniziare il processo di
riconoscimento dello Stato della Palestina.
IL MEDITERRANEO CULLA DELL’UE
In una politica estera europea sempre più sbilanciata verso oriente sia a causa della Russia
che del crescente ruolo della Cina, va rilanciato il ruolo cruciale del Mediterraneo allargato
per la nostra sicurezza e la nostra prosperità.
L’istituzione di accordi di partenariato, sia
bilateralmente che nei quadri multilaterali, sono fondamentali per affrontare le sfide comuni
regionali, quali ad esempio la migrazione, il cambiamento climatico, la transizione verde e
la sicurezza alimentare.
L’Unione europea si deve impegnare maggiormente affinché tutti
i suoi Stati membri raggiungano l’obiettivo di destinare lo 0,7% del Pil alla cooperazione
allo sviluppo che deve supportare attività di microcredito e il supporto a filiere del cibo
sostenibile ed eque.
10
Chiediamo inoltre che l’Unione europea sia più risoluta nel tutelare i propri cittadini anche
attraverso prese di posizione verso Paesi terzi più decise, come nel caso di Giulio Regeni
e dell’Egitto, con il quale le relazioni dovrebbero essere riviste anche alla luce della scarsa
cooperazione ricevuta nell’indagare e nell’identificare i responsabili delle vicende che
hanno portato alla morte di Giulio.
SANZIONI PER CHI VENDE ARMI AI PAESI IN CONFLITTO
È necessario un regime più rigido nell’export di armi, in particolare chiedendo un maggior
rispetto della Posizione comune europea sull’export di armi.
Questa posizione del
Consiglio adottata nel 2008 include otto criteri comuni minimi che devono essere presi
in considerazione dagli Stati membri al momento di valutare le domande di licenza di
esportazione di tecnologia e attrezzature militari.
Ciononostante, l’Unione continua a essere
il secondo esportatore di armi a livello mondiale, spesso anche verso Paesi che dovrebbero
essere esclusi perché non rispettano la Posizione comune.
Abbiamo ripetutamente
denunciato queste violazioni e chiesto insistentemente l’introduzione di sanzioni, ora
assenti, in una futura revisione della proposta in caso di violazioni, oltre a una maggiore
trasparenza degli Stati Membri riguardo alle loro esportazioni. Più in generale siamo a
favore di forti regimi multilaterali di controllo degli armamenti e di non proliferazione
nucleare, nonché a politiche di disarmo.
ALLARGAMENTO SÌ, MA NON PER TUTTI
Sosteniamo fermamente l’adesione dei Paesi dei Balcani occidentali al progetto europeo.
Questo processo va accelerato e consideriamo la loro integrazione nell’Unione europea
come un passo naturale nell’evoluzione dell’Unione. Questi Paesi sono geograficamente,
socialmente e culturalmente europei in toto e la loro inclusione porterebbe benefici a tutte
le parti coinvolte.
Le legittime aspirazioni europee di molti Paesi vanno commisurate con il rispetto di tutte
le tappe e le condizioni necessarie, senza accettare scorciatoie o agevolazioni basate
sulle circostanze. Per quanto riguarda la Turchia, abbiamo fin dall’inizio espresso dubbi,
notando il progressivo allontanamento di Istanbul dai valori europei. Pertanto, sosteniamo
la necessità di sospendere le negoziazioni, dirottando i finanziamenti previsti verso la
società civile turca.
UE-CINA: NESSUNA SUDDITANZA
Con la Cina dobbiamo tenere aperto il canale del dialogo così da perseguire degli obiettivi
comuni su alcuni dossier multilaterali come ad esempio la lotta ai cambiamenti climatici
e il rispetto dei diritti umani. Tuttavia, non possiamo ignorare le sanzioni che sono state
imposte in modo irragionevole su alcuni membri del Parlamento europeo. Queste sanzioni
vanno tolte. Consideriamo le cosiddette esercitazioni militari vicino a Taiwan come molto
pericolose ed esprimiamo preoccupazione per il rispetto dei diritti umani ad Hong Kong
e contro la minoranza degli uiguri. L’Europa deve proteggere le proprie infrastrutture
strategiche e la sovranità tecnologica e cambiare strategia per contrastare l’influenza
cinese.
FONDI EUROPEI PER LO SVILUPPO E NON PER LE ARMI
Le politiche energetiche e di decarbonizzazione e resilienza e lo stanziamento di fondi
eccezionali a loro sostegno non possono essere trasformate in politiche a sostegno del
riarmo. Le norme europee dovrebbero prevedere una clausola di protezione a riguardo che
stabilisca la non percorribilità di questa opzione. Proponiamo dunque il divieto di cambio di
destinazione dei fondi europei per scopi militari. La possibilità di spostare nel regolamento
sul sostegno alla produzione di munizioni, definito ASAP, fondi inizialmente destinati a ben
altri scopi (fondi di coesione e dei Piani nazionali di ripresa e resilienza) verso la produzione
di munizioni ha determinato un precedente grave e preoccupante deve far tenere alta la
guardia affinché le norme siano scritte in modo che questo non possa avvenire in nessun
caso. Lo scorporo dal Patto di stabilità e crescita deve riguardare solo le politiche di
decarbonizzazione e resilienza ed autonomia strategia industriale, o di supporto alla sanità
ed istruzione, e non le spese milita
Commenti
Posta un commento